La celebre casa d'aste batterà il 7 aprile a New York un "disegno fotogenico" che risalirebbe a fine Settecento "La fotografia ha vent'anni di più"
La capostipite all'asta da Sotheby's di MICHELE SMARGIASSI
"La fotografia ha vent'anni di più"
La capostipite all'asta da Sotheby's SE SOTHEBY'S ha visto giusto, bisognerà retrodatare l'invenzione della fotografia almeno di un ventennio. La celebre casa d'aste batterà il 7 aprile a
New York un'immagine che potrebbe essere anteriore alla più antica fotografia finora conosciuta. Si tratta di un "disegno fotogenico", ovvero della traccia impressa da un oggetto, in questo caso una foglia d'albero, su un foglio di carta sensibile esposto alla luce.
Anonimo, assieme ad altri cinque foglietti simili è stato per anni attribuito all'inglese
William Henry Fox Talbot, l'inventore del processo negativo-positivo, e datato 1839.
Ma la scoperta di una piccola
"W" scritta a inchiostro in un angolo ha suggerito a
Larry Schaaf, lo storico della fotografia e studioso di
Talbot consultato da
Sotheby's, che potrebbe trattarsi del prodotto di uno degli esperimenti condotti a partire dall'ultimo decennio del Settecento da
Thomas Wedgwood (morto nel 1805), industriale britannico della ceramica, assieme agli amici
Humphry Davy e James Watt.
Quegli esperimenti, noti alle storie ufficiali della fotografia, sono però sempre stati archiviati come insuccessi: i tre amici riuscirono sicuramente a ottenere le tracce di oggetti, ma non riuscirono a fissarle, cioè a impedire che la luce continuasse a impressionare i sali d'argento fino a rendere i fogli uniformemente neri.
Questa foglia rossastra potrebbe invece dimostrare che almeno in qualche caso
Wedgwood riuscì a bloccare l'annerimento e a conservare un'immagine "non prodotta da mano umana". Il fatto che la proto-fotografia provenga dalla collezione della famiglia
Bright, buoni conoscenti dei Wedgwood, offrirebbe un altro importante indizio di attribuzione. L'ipotesi lanciata dalla casa d'aste sta mettendo a rumore l'ambiente degli studiosi. Il primo tentativo riuscito di creare un'immagine stabile grazie alla sola azione della luce è considerato quello di
Joseph Nicéphore Niépce, modesto inventore francese che nel 1826, a
Chalon Sur Saône, riuscì a duplicare "per contatto" una litografia del cardinale
d'Amboise, e nello stesso anno anche a catturare su una lastra spalmata di bitume di giudea, sul fondo di una camera oscura, una veduta dalla finestra della sua casa di campagna: l'immagine che, fortunosamente ritrovata nel 1952 dallo storico
Hermut Gernsheim, è ora comunemente considerata "la prima fotografia del mondo".
L'invenzione della fotografia fu però resa nota pubblicamente solo nel
1939, Niépce ormai defunto, dal suo socio
Daguerre che finì per darle il suo nome, dagherrotipo.
Per riscrivere il primo capitolo della fotologia, gli storici però reclamano prove più scientifiche della semplice attribuzione indiziaria: esami della carta in cerca di filigrane che la rendano databile, maggiori accertamenti sulla provenienza dell'immagine. Interpellato dai colleghi,
Shaaf difende la sua ipotesi, anche se concorda sull'esigenza di ulteriori verifiche: "E' un'immagine graziosa ed affascinante, se dovesse rivelarsi autentica cambierebbe non la storia ma solo la storiografia. Non c'è stato tempo per approfondimenti perché
Sotheby's non ha ritenuto di rinviare la vendita, spero che il prossimo proprietario autorizzi indagini più precise. Ma come storici dobbiamo essere aperti ad accogliere l'emergere di informazioni inedite".
Proposta inizialmente su una base d'asta tra i 100 e i 150 mila dollari, ora la proto-fotografia, ammette la direttrice della casa d'aste
Denise Bethel, potrebbe "valere molto di più". Speculazione o scoperta? Per il momento, nessuno sembra aver sottolineato un'altra conseguenza, questa politico-diplomatica, dell'eventuale riscrittura della storia: la paternità della scoperta che ha aperto la strada alla civiltà dell'immagine di massa passerebbe dalla
Francia alla
Gran Bretagna.
fonte:
repubblica.it