Luca Marconi
I ragazzi dei vicoli diventano fotografi: mostra a Largo Baracche da mercoledì 18. Con le telecamere di France 2
Napoli - «Oye frà, ti mando un po’ di cose sulla mostra, sono tutti ragazzi sans fatica e napoletani, mi arraccomand»: Nicolas Pascarel, fotografo francese di una certa fama, ormai è irrimediabilmente napoletano. Nel senso che Napoli gli è entrata nel sangue, dopo mesi trascorsi ai Quartieri Spagnoli per un workshop di fotografia alla Sabu di Largo Baracche, pensato per una diecina di giovani di «un fazzoletto di terra metropolitana che va da Barracche (la mitica trattoria Nennella, ndr) a via Chiaia, passando per la bella vasca di via Toledo: in tutto 500 metri sui quali lavorare di fantasia.
Questo è il tessuto, dice Pascarel, l’itinerario, l’inizio e spesso anche la fine di una storia senza sogni, un vero ghetto sotto il cielo azzurro di Napoli». Ragazzi di vita, così il fotografo definisce i suoi allievi, «quasi tutti fuori della scuola, senza regole, obbligo», iniziati alla fotografia. Che significa tanto per i confinati nel “ghetto”, la città d’o scuro per dirla alla Erri De Luca, ignorata dalla Napoli deodorata del tutto indifferente alla propria storia ed ai monumenti che cascano a pezzi proprio in questi vicoli, figurarsi agli uomini.
Quindi la fotografia «è prima di tutto un incontro con se stessi in rapporto allo straniero, una curiosità verso l’altro, una passerella verso l’ignoto» o verso un rimosso, verso il recupero della consapevolezza di una negazione subita dall’altra città, dove anche l’indigeno è straniero, crede Pascarel. Che sembra il campione olimpionico Maddaloni quando ricorda che per questi giovani non esiste, in tutta Napoli, nemmeno la possibilità di fare sport gratuitamente. «Perciò abbiamo tanto camminato alla scoperta di tutto e di niente in una città dove quasi nessuno cammina. Spesso loro si sono autofotografati in questi posti lontani eppure quotidiani. Tante volte, perché l’autoritratto è il primo passo dell’adolescente verso il sognare, la scoperta di un desiderio nascosto, di un’immagine celata di sè». Stranieri in casa, insomma, ma non più attraverso gli scatti di riappropriazione non violenta ma più efficace, simbolica, dell’appartenenza al territorio.
Il lavoro del workshop è diventato una mostra intitolata, a scanso di equivoci, “Ncoppa ‘e Quartieri”, che inaugura mercoledì 18 giugno alle 19.30 nel centro culturale di Largo Baracche (alle spalle di Nennella) con proiezione, alle 22.30, di un documentario en plein air su piazza Largo Baracche (uno dei tanti film prodotti durante il workshop già visibili su youtube e GoogleVideo digitando “Fotoasia” o “Ncoppa e quartieri”) girato da Gianni Iannitto e Pascarel per l’associazione Sabu presieduta da Giuseppe Ruffo con gli educatori Massimiliano Esposito e Francesco Baldi.
Ci saranno anche le telecamere di France 2 all’inaugurazione, mercoledì, per riprendere Vincenzo, Giannino, Luca, Charlie, Sasà, Antonio, Giuseppe, Biagio e Carmine, gli allievi di Nicolas. Per una volta il telegiornale dell’emittente nazionale d’oltralpe parlerà bene di Napoli e dei napoletani, ma per merito di un francese. Il corso di tre mesi (4 ore per due giorni alla settimana) prodotto da TandemGeneration nell’ex rifugio antiaereo in un anno diventato polo d’attrazione metropolitano («'Ncoppa e Quartieri/Alla ricerca della memoria, luoghi e persone») si proponeva d’insegnare la tecnica fotografica e l’utilizzo della camera «come strumento di sensibilizzazione e curiosità nei confronti della realtà circostante» ai ragazzi fra i 14 e 17 anni.
Allo studio tecnico ed alle presentazioni di opere ed autori con proiezioni di film che indagano il rapporto della fotografia col sociale e le culture popolari, si sono alternate uscite in strada per reportage alla maniera di Bresson, «per raccontare, attraverso le immagini, la memoria, il desiderio ed il proprio vissuto personale» e molte visite (filmate dagli allievi) alle mostre in città e fuori città, al Madre come a Pompei. La “tesina” è una storia fotografica in 20 immagini sul soggetto assegnato, i Quartieri, appunto. Gli scatti selezionati ed elaborati che ora fanno parte della mostra saranno esposti anche a Roma.
Pascarel, fotografo e antropologo parigino, ha già fatto scuola soprattutto in Paesi asiatici segnati da dittature e miserie, dove continua a tenere mostre e workshop con ambasciate e centri culturali. In particolare dal 2000 al 2004 ha lavorato in Cambogia collaborando con le Ong sul reinserimento dei bambini di strada (street childrens) e sulla prevenzione dell’Aids tra gli adolescenti con problemi di droga e prostituzione. Ha lavorato con l’Ambasciata di Francia in Cambogia per il primo corso di fotografia dell'Accademia Reale di Belle Arti di Phnom Penh. Il suo lavoro sulla “memoria” cambogiana, Oriented, è stato esposto in personale al Museo di Roma in Trastevere al Festival Internazionale della Fotografia 2005. Dal 2004 lavora su progetti di cooperazione internazionale in Vietnam e Thailandia. Nel 2005 ha creato l’associazione FotoAsia che promuove giovani fotografi asiatici e realizza workshop di 10 giorni quattro volte l’anno in Vietnam e Cambogia (www.fotoasia.org).
Fonte: www.corriere.it