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Articolo del 30/04/2008 Pubblicato in mostre Letto 2269 Volte
Festival di Napoli in mostra.
di Gianni Valentino
Sul podio del "Festival di Napoli" hanno gioito molte star: da Nunzio Gallo a Domenico Modugno, da Ornella Vanoni a Peppino Di Capri, Carla Boni, Claudio Villa, Tony Astarita, Angela Luce, Johnny Dorelli e Fausto Cigliano. In un'epoca in cui la voga della canzone era effetto del boom economico sì, ma ancora immagine e corpo delle fiere identità territoriali. E quella partenopea riusciva a comunicare all'intera penisola le sue doti e i suoi misteri proprio attraverso presentatori come Nunzio Filogamo, volto amico della tv. L'amante degli anni Cinquanta. I ritornelli invitavano a innamorarsi, gli interpreti credevano ancora in una "Serenata a Margellina" e il pubblico osannava, ma a ragione allora, i divi del palcoscenico. Quando il gossip era poco, anche, o perlomeno differente dall'attuale, accidioso e imbizzarrito pour parlé provocato dai messaggi clandestini su internet e dalle trasmissioni popolate da goffe starlette. Quello che contava erano le canzoni, le rime, l'immaginario sognante e il Festival della canzone napoletana era competizione e possibilità creativa per tanti: cantanti e autori. In quei camerini c'erano le canottiere di Sergio Bruni, il rossetto di Gloria Christian, gli occhiali di Mike Bongiorno e la brillantina di Nino Taranto. Dettagli e retroscena di costume e tradizione che tornano in primissimo piano nella mostra fotografica "Festival di Napoli: 1954-1970" organizzata dal compositore Pasquale Catalano in collaborazione con l'Archivio Carbone che sarà allestita dal 4 all'11 maggio all'Auditorium Parco della Musica di Roma, e di cui Repubblica-Napoli presenta in anteprima le foto più simboliche e private.
Nel 1951 Nilla Pizzi vince il primo e il secondo posto alla prima edizione del "Festival di Sanremo" (l'artista era in gara con nove brani complessivi): ebbene, l'anno successivo la Pizzi con Franco Ricci trionfa anche alla edizione numero uno del "Festival di Napoli" cantando "Desiderio 'e sole" firmata Manlio-Gigante (pochi mesi dopo la canzone diventò un film interpretato da Giacomo Rondinella, Virna Lisi e Beniamino Maggio, con la regia di Giorgio Pastina).
Ma gli scatti che celebrano quella vittoria non sono inclusi nella strabiliante galleria che verrà esposta nella capitale perché non ne esistono copie. Nelle sale della struttura realizzata da Renzo Piano troveranno eco i ritratti di diciassette manifestazioni, che inquadrano anno dopo anno Aurelio Fierro, Mike Bongiorno con l'allora sindaco di Napoli Achille Lauro, Johnny Dorelli e Renato Rascel (in gara nel 1961 con "Nun chiagnere"), Claudio Villa, Giorgio Gaber, Gegè Di Giacomo, Mimmo Modugno e Ornella Vanoni (con "Tu si' 'na cosa grande" nel 1964), Sergio Bruni, Mario Merola (che cantava "'Nnammurato 'e te" nel 1970), Peppino Gagliardi e Peppino Di Capri, gli Showmen di Mario Musella e James Senese, Angela Luce e Franco Franchi (interpreti di "'O divorzio", sempre 1970), Giacomo Rondinella, Gorni Kramer, Pippo Baudo, Fausto Cigliano e Teddy Reno (nel 1959 presentavano "Sarrà chi sa" di Roberto Murolo), Enzo Tortora, Marisa Allasio, Oreste Lionello, Giorgio Consolini, Ugo Tognazzi, Marisa Del Frate e Gianni Nazzaro.
Protagonisti "muti" di una manifestazione che ebbe il suo malinconico epilogo con una edizione che si svolse dal 16 al 18 luglio nella piazzetta di Capri, nonostante fra gli ospiti speciali dell'evento ci fossero Carlo Dapporto, Pietro De Vico, Antonella Steni e Alberto Lupo. Dopo uno stop lungo vent'anni, lustri in cui sono nate, cresciute e diventate autentiche superstar di rione i cosiddetti neomelodici, grazie alle frequenze di Rete 4 nel 2001 il "Festival di Napoli" tentò una debole resurrezione. Dal teatro Politeama, Enrica Bonaccorti - showgirl autrice anche dei versi de "La lontananza" e "Amara terra mia" - presentò in concorso Mino Reitano, i Cugini di Campagna, il Giardino dei Semplici, Eddy Napoli, Ciro Ricci in compagnia dei Jalisse, Pietra Montecorvino, i Napoli Centrale (evoluzione dei vecchi Showmen).
Ma non ci fu storia, perché a guadagnare l'ovazione furono Mario Merola e suo figlio Francesco con "L'urdemo emigrante". Testimonianza spudorata di come quei ritornelli non cercassero più la piazza, la voglia della gente comune di fischiettarli in gita, in autobus. Quel genere di successo non serviva più a nessuno. Serviva, però, l'esigenza spietata di affermarsi in quel monitor a colori, appunto perché oggi i festival, le popstar, le canzoni, sono regine solamente quando lo decreta la meccanica del telecomando.
fonte: repubblica.it