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Articolo del 21/06/2007 Pubblicato in fotografie Letto 12753 Volte
difiorefotografi: Napoli. Torre del greco, chiesa S Michele Arcangelo, colle san Alfonso. Camaldoli.
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La chiesa di S Michele Arcangelo sorge su una collina di origine vulcanica che si erge dinanzi al Vesuvio. Già in epoca romana la collina era abitata; infatti numerosi sono i reperti archeologici che sono situati alle sue falde.
Il più antico toponimo della collina, è quello di Pandiera, risalente al periodo greco. Il vocabolo significa: tutto sacro. Nel V secolo la collina assunse la denominazione di Monte Sant'Angelo.
Al 1400 risale la prima notizia di una chiesa dedicata all'Arcangelo Michele e, accanto ad essa, di un casato che ospitava degli eremiti. Il 20 settembre 1577 giunsero sul colle i padri Camaldolesi. Questi ben presto acquistarono la collina che da allora fu denominata appunto: la collina dei Camaldoli. Nel 1714 si iniziò a costruire l'edificio comprendente la foresteria, la biblioteca, l'infermeria e il refettorio. L'antica chiesa, che risentiva del peso dei secoli, fu abbattuta e, dal 1741, se ne edificò una nuova che è l'attuale.
La quiete del monastero e dei padri Camaldolesi fu interrotta dalla legge emanata da Gioacchino Murat il 13 febbraio 1807, con cui molti monasteri, fra cui il nostro, furono soppressi e i padri scacciati dal Regno di Napoli. Dopo il ritorno dei Borboni a Napoli (1822) i Camaldolesi nel 1826 riottennero l'eremo. Nel 1867 il monastero fu definitivamente soppresso, i padri espulsi e tutto il complesso messo in vendita.
Fra i vari proprietari ricordiamo: l'onorevole Federico Capone, che con profondo rispetto mantenne integro il tutto, e il barone russo Carlo Pontus de Knorring, che disperse molte testimonianze storiche e artistiche del monumento, come l'importante raccolta di libri dei padri.
Altri proprietari furono l'ingegnere Antonio Amodio di Torre Annunziata, che affidò il tutto a dei coloni, e la baronessa tedesca Maria Ursula von Stohrer, che non godette del complesso a causa della Seconda guerra Mondiale, che portò sulla collina batterie antiaeree. I tedeschi, e poi gli alleati, con i bombardamenti contribuirono alla rovina del tutto.
Il monastero riacquistò dignità e lustro quando la baronessa lo vendette nel 1954 ai padri Redentoristi di Sant'Alfonso da qui nasce la nuova denominazione di colle Sant'Alfonso. Il primo redentorista inviato a custodire e a iniziare i lavori di restauro del complesso fu padre Giuseppe Cicatiello.
La chiesa è in stile barocco. Nell'armoniosa facciata si evidenzia il portale sormontato dagli stemmi dei padri Camaldolesi e da quello di papa Gregorio XVI.
Il tempio, la cui pianta è a croce latina, è corredato da molte opere d'arte, come gli altari, fra cui spicca il maggiore riccamente lavorato con policromia di marmi.
Fra le tele si mirano quelle raffiguranti san Michele, san Gennaro e san Romualdo, che risalgono alla metà del Settecento.
La sacrestia fu tratta affrescare dall'artista F. Palumbo nel 1764 con scene rappresentanti Il trionfo dell'eucaristia nella volta, il Trasporto dell'Arca nella parete sud e Le virtù nella parete laterale.
La statua in marmo raffigurante san Michele fu tratta scolpire nel 1740 e misura cm. 100. Sulla base si legge: "Io Michele Arcangelo -che sto davanti a Dio- sempre vi custodirò". La statua dopo l'ultima soppressione del monastero fu messa in salvo e donata alla Basilica di Santa Croce in Torre del Greco. In seguito alla richiesta dei padri Redentoristi e all'approvazione del proposito curato, monsignor Onofrio Langella, e del Consiglio pastorale il 25 ottobre 1991 la statua è ritornata al colle nella sua antica e originale sede, da dove veglia sulla sottostante città di Torre del Greco.
fonte: www.prolocotorregreco.it
Il più antico toponimo della collina, è quello di Pandiera, risalente al periodo greco. Il vocabolo significa: tutto sacro. Nel V secolo la collina assunse la denominazione di Monte Sant'Angelo.
Al 1400 risale la prima notizia di una chiesa dedicata all'Arcangelo Michele e, accanto ad essa, di un casato che ospitava degli eremiti. Il 20 settembre 1577 giunsero sul colle i padri Camaldolesi. Questi ben presto acquistarono la collina che da allora fu denominata appunto: la collina dei Camaldoli. Nel 1714 si iniziò a costruire l'edificio comprendente la foresteria, la biblioteca, l'infermeria e il refettorio. L'antica chiesa, che risentiva del peso dei secoli, fu abbattuta e, dal 1741, se ne edificò una nuova che è l'attuale.
La quiete del monastero e dei padri Camaldolesi fu interrotta dalla legge emanata da Gioacchino Murat il 13 febbraio 1807, con cui molti monasteri, fra cui il nostro, furono soppressi e i padri scacciati dal Regno di Napoli. Dopo il ritorno dei Borboni a Napoli (1822) i Camaldolesi nel 1826 riottennero l'eremo. Nel 1867 il monastero fu definitivamente soppresso, i padri espulsi e tutto il complesso messo in vendita.
Fra i vari proprietari ricordiamo: l'onorevole Federico Capone, che con profondo rispetto mantenne integro il tutto, e il barone russo Carlo Pontus de Knorring, che disperse molte testimonianze storiche e artistiche del monumento, come l'importante raccolta di libri dei padri.
Altri proprietari furono l'ingegnere Antonio Amodio di Torre Annunziata, che affidò il tutto a dei coloni, e la baronessa tedesca Maria Ursula von Stohrer, che non godette del complesso a causa della Seconda guerra Mondiale, che portò sulla collina batterie antiaeree. I tedeschi, e poi gli alleati, con i bombardamenti contribuirono alla rovina del tutto.
Il monastero riacquistò dignità e lustro quando la baronessa lo vendette nel 1954 ai padri Redentoristi di Sant'Alfonso da qui nasce la nuova denominazione di colle Sant'Alfonso. Il primo redentorista inviato a custodire e a iniziare i lavori di restauro del complesso fu padre Giuseppe Cicatiello.
La chiesa è in stile barocco. Nell'armoniosa facciata si evidenzia il portale sormontato dagli stemmi dei padri Camaldolesi e da quello di papa Gregorio XVI.
Il tempio, la cui pianta è a croce latina, è corredato da molte opere d'arte, come gli altari, fra cui spicca il maggiore riccamente lavorato con policromia di marmi.
Fra le tele si mirano quelle raffiguranti san Michele, san Gennaro e san Romualdo, che risalgono alla metà del Settecento.
La sacrestia fu tratta affrescare dall'artista F. Palumbo nel 1764 con scene rappresentanti Il trionfo dell'eucaristia nella volta, il Trasporto dell'Arca nella parete sud e Le virtù nella parete laterale.
La statua in marmo raffigurante san Michele fu tratta scolpire nel 1740 e misura cm. 100. Sulla base si legge: "Io Michele Arcangelo -che sto davanti a Dio- sempre vi custodirò". La statua dopo l'ultima soppressione del monastero fu messa in salvo e donata alla Basilica di Santa Croce in Torre del Greco. In seguito alla richiesta dei padri Redentoristi e all'approvazione del proposito curato, monsignor Onofrio Langella, e del Consiglio pastorale il 25 ottobre 1991 la statua è ritornata al colle nella sua antica e originale sede, da dove veglia sulla sottostante città di Torre del Greco.
fonte: www.prolocotorregreco.it
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